Casablanca n. 40

5 – Quell’eroico “OXI” Luca Casarini 08 – Gaza… ovvero la speranza nel domani Natya Migliori 11 – Antonio Mazzeo Il più grande spettacolo dopo il big ben(?) 15 – Liberté, Élegalité, Fraternité…? Alessandra Ballerini - Fulvio Vassallo Paleologo 19 - Giuliana Buzzone “Universo” Mineo 21 - Mineo: Giuseppe non si tocca! Graziella Proto 27 - La prova del metodo mafioso Carmelo Catania 30 - Alessio Di Florio Ecoreati 33- PUA: Che fine ha fatto Copacabana Giolì Vindigni- Nello Papandrea 36– Adriana Laudani – A Digiuno ma visibili e ingombranti 41 – Maria Maniscalco Io con le Donne del digiuno 43 – Josè Calabrò Valanghe d’Inferno 47 – Franca Fortunato “Loro mi cercano ancora” 49 Letture e Memoria di Frontiera 50 - Ass. Antimafie Rita Atria In Viaggio con Rita Atria 52 - Il Caso Parmaliana: il giudice Cassata condannato in secondo grado 54 - Proposte dalle città di frontiera 56 – Restiamo Umani Renato Accorinti Copertina di Elena Ferrara

Editoriale di Graziella Proto

Sempre dalla parte dei più deboli, degli emarginati, degli esclusi



Siamo entrati nel decimo anno: dieci lunghi anni. Nessuno ci avrebbe scommesso: Nemmeno io. L’esperienza de “I Siciliani” me la sentivo ancora tutta sulle spalle, nel bene e nel male. Le questioni economiche certamente, il pericolo per la casa, anche, ma soprattutto, le incomprensioni, le delusioni, le amarezze. Avvenimenti, le piccole testate, la breve collaborazione con Enzo Biagi, l’impegno con “Liberazione” e Sandro Curzi che mi stimava e mi ha sempre spronato “tu sei brava in queste cose…” mi diceva – mi aveva dato sicurezza e padronanza. Tuttavia, per l’informazione, a Catania c’è bisogno di altro, mi dicevo. In tanti mi chiedevano di fare qualcosa e facemmo. LE SICILIANE/ CASABLANCA sembrò un miracolo. Dieci anni! Quante battaglie. Quanti sogni. Individuali e collettivi. Quanti ricordi.
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Le perplessità e l’agitazione conseguente quando assieme a Riccardo abbiamo visto spuntare dal fax la faccia dell’allora presidente Lombardo… la tipografia aspettava, minacciava che avremmo perso il turno, a noi mancava quell’unica mezza pagina di pubblicità regionale che Lillo era riuscito ad ottenere. Stavamo già da un po’ di tempo innanzi al fax ansiosi, poi il fax partì e noi felici, lì, pronti a ritirare quel foglio che, invece, fu come una doccia fredda. Non riuscivamo a capire. Non riuscivamo a parlare. Nessuno ci aveva detto che la pubblicità istituzionale prevedeva la pubblicazione della foto del presidente. Una tempesta di sentimenti, nel frattempo mancò l’energia elettrica e restammo al buio, poi ritornò la luce… anche per noi. Decidemmo di pubblicare la pubblicità senza la foto. Un momento di profonda purezza superato dalla razionalità. Per una strana coincidenza, non abbiamo avuto più la pubblicità.
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L’organizzazione della manifestazione per l’assassinio dell’ispettore Raciti: ragazzi mai visti arrivavano nella sede della nostra redazione si presentavano, uscivano entravano, telefonavano... un fermento incredibile che si concluse con la pubblicazione di un numero speciale attorno al quale Fabiolino, Luciano, Giorgio, e tutti gli altri (me ne scuso se non cito tutti) si spesero e impegnarono. Un appello aperto alla Catania democratica e civile. Il poliziotto di certo servitore dello Stato, ha avuto funerali solenni, dibattiti pensosi, cordogli ufficiali, ma quella chiamata al risveglio culturale e politico, la convocazione all’indignazione arrivò dai ragazzi che si erano incontrati nella sede di “Casablanca – Storie dalle città di frontiera” e da lì si erano allargati.
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Le battaglie per la libertà d’informazione, i due convegni “Sbavaglio” che hanno visto e ci hanno fatto conoscere una miriade di piccole-grandi testate giornalistiche. Amici coi quali non ci siamo più lasciati: Salvatore Coppola, Ottavio Navarra, Pino Maniaci… Roberto Morrione il fondatore di “Rai News 24”. Lorenzo e le ragazze di “Antimafia duemila”. Nadia ed Enza carissime amiche che sono divenute pilastri per la vita della rivista. Il nucleo di giovani per creare la sezione video, Natya, Nino, Giovanni, Elio, Laura…
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Dieci anni, quanti ritratti di donne: “Donne che fanno paura ai boss” titolammo nel primo numero e ancora non sapevamo quante e chi avremmo incontrato. Donne più o meno sconosciute protagoniste di storie meravigliose che ci lasciavano sorpresi e sbigottiti. Donne meravigliose.
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“Storie dalle città di frontiera” il sottotitolo di Casablanca ma, in effetti, quando realizzammo questa espressione io personalmente pensavo a una sola città di frontiera, Catania. Non ho mai cambiato idea. Una città che affascina e che delude. Una puttana dice qualcuno.
Col primo numero uscimmo prima del previsto perché volevamo partecipare, a modo nostro, alla campagna elettorale per Rita Borsellino, lo facemmo e mai un grazie ci è stato detto. Ci sta anche questo.
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Per due anni siamo riusciti a stare in edicola. È stata un’avventura difficile. Pesante. Estenuante. Non c’è mai stata la catena di montaggio che una rivista così ambiziosa dovrebbe avere, la nostra è stata una catena con pochi anelli e quando uno di questi si spezza o non funziona si blocca tutto… la tipografia non vuole sapere ragioni. Il rapporto con la distribuzione meriterebbe un discorso lungo ma non è questo il momento. La mancanza di soldi ci ha schiacciato, il Web ci ha consentito di restare in vita.
A parte l’ambizione – che era tanta – ci abbiamo messo il giusto impegno per fare di “Casablanca” un giornale per informare correttamente senza nascondere le nostre idee? Certo mi duole – in passato sicuramente molto di più – vedere che “Casablanca” è rimasta una rivista per pochi… MA BUONI.
Inutile fare lunghi discorsi su cosa si proponeva questa rivista allegra, colorata, irriverente, a chi si ricollega, di chi (fin dall’inizio) vuole rialzare la bandiera. Il nome e il lavoro di Giuseppe Fava è stato e sarà sempre presente. Il suo insegnamento? Marchio indelebile dei contenuti e dei propositi. Indubbiamente la lotta alla mafia ma… tenendo di continuo la dritta: sempre dalla parte dei più deboli, degli emarginati, degli esclusi.