Casablanca n. 42

4 – Ti hanno stuprata? Ti assolvo dai loro peccati Graziella Proto 08 –La persecuzione delle Donne Pina Palella 12 – W la Mamma Graziella Priulla 15 – Mamma e Rivoluzioni Sara Fagone 18 – Elio Camilleri La Partigiana con la Pellicci 20 – Immagini di R-Esistenza Grazia Bucca / Alberta Dionisi 23 - Quello che insegnarò a mio figlio Alessandro Gallo 25 - Afffari e tortura Fulvio Vassallo Paleologo 28 - LasciateCIEntrare Eleonora Corace 31 – Giuliana Buzzone- Ancora caos a Mineo 34- Dalla Sicilia con Slancio Antonio Mazzeo 37– Carmelo Catania – Una giustizia rapida e inappellabile 40 – Vogliamo continuare a sperare … Dafne Anastasi 44 – Rostagno: una ballata Popolare Giorgio Zacco 47 – Una Storia da Completare Lillo Venezia 48 – Comunicati dalle Associazioni di Frontiera 49 - Il MUOS a Processo – Antonio Mazzeo Copertina: Foto di Grazia Bucca, elaborazione grafica di Stefania Mulè

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Editoriale di Graziella Proto

Quanta strada ancora
da percorrere

Apriamo questo numero con una storia forte. La storia di uno stupro di gruppo ai danni di una ragazzina di tredici anni. Una storia turpe, violenta, brutale. All’interno di una piccola collettività ove tutto ruota attorno alla chiesa guidata a quell’epoca da don Antonio Scordo. Mentre chiudiamo questo numero ci giunge notizia che don Antonio Scordo, ex parroco di San Martino di Taurianova, è stato condannato in secondo grado. La Corte d’Appello di Reggio Calabria infatti ha confermato la condanna in primo grado ad un anno di reclusione per falsa testimonianza a carico del parroco e suor Mimma Rizzo. A questi due soggetti la ragazzina di tredici anni aveva chiesto aiuto dopo aver subito violenze dal branco.
Innanzi ad una richiesta di questo tipo sono sicura che chiunque si sarebbe prodigato, questo parroco si è rifiutato. Non solo, anni dopo al processo contro gli stupratori – suoi parrocchiani – testimonierà contro la ragazza.
Don Abbondio insegna, certamente, ed è indiscutibile che alcuni ceffi coinvolti avessero a che fare con la ’ndrangheta, ma il nostro don Abbondio di fatto ha consegnato per tre lunghissimi anni quella ragazzina al branco di bufali imbestialiti. Ricevendone anche promozioni dal vescovo Melito, che lo ha nominato – elogiandolo – delegato per i rapporti con le organizzazioni laicali e parroco dell’importante Duomo di Gioia Tauro.
Caro Francesco quanta strada ancora da percorrere nella tua chiesa!

IL NOSTRO ARCOBALENO

Mi piacerebbe tanto vedere un grande, gigantesco arcobaleno sul mondo. Un arcobaleno per cancellare le ingiustizie. Che permettesse a tutti di vivere nel proprio paese senza la paura per la vita o per la fame. Per le persecuzioni. Per le guerre. Un arcobaleno su un mondo buono, libero, giusto.
Il nostro piccolo arcobaleno corrente non copre tutto il mondo, ma fa la sentinella su alcuni temi delicatissimi sui quali si potrebbe NON essere d’accordo.

“IO NON LO FAREI” non giustifica nulla. Io non lo farei, MA, non posso impedire agli altri – a chi ne ha voglia o desiderio o necessità – di farlo. Chiamatelo come volete. Non vi piace chiamarlo diritto alla genitorialità? Cambiategli nome.

Intanto una nuova sentenza del Tribunale per i minorenni di Roma riconosce una famiglia con due mamme. Una sentenza che ancora una volta mette in luce l’assoluta idoneità di queste coppie a svolgere in pieno il ruolo di genitori.
Sono sicura che i Giovanardi del caso in fondo sanno che è così, tuttavia, facendosi scudo con i diritti del bambino e del confessionale, vorrebbero che si facesse a modo loro.
Gli diciamo da subito che gli daremo filo da torcere.

CIAO INES

di Vincenza Scuderi
Lo scorso dicembre, poche ore prima di Natale, se n’è andata un’amica di “Casablanca”: è scomparsa all’improvviso Ines Rieder, storica, traduttrice, giornalista, attivista del movimento LGBT in Austria e in tutte le parti del mondo in cui ha vissuto, ma soprattutto un’amica.
Nel 2012, su nostro invito, aveva scritto un pezzo per il n. 25 di “Casablanca”, ci parlava del Pride di Vienna, ma in primo luogo ci metteva in guardia dal conformismo e dal rischio di abbandonare le lotte rinunciando al desiderio di “realizzare utopie”. Ci piace ricordarla con le parole con cui concludeva quell’articolo: “Posso solo sperare che presto si dirà di nuovo addio alle scarpe coi tacchi a spillo e che saranno gettate nell’immondizia della storia, perché decisamente non sono adatte per fare la rivoluzione”.