Le Siciliane - Casablanca n.55 Direttrice Graziella Proto
25/09/2018
Le mani sulla città. STOP!
Non sappiamo come andrà a finire. Sappiamo quasi sicuramente che – ormai ha ottantasei anni – quasi sicuramente morirà nel suo letto. Ci dispiace parecchio per i tanti che non ci sono riusciti… e non per loro volontà.
E qualcuno potrebbe dire “ma basta, lasciatelo stare, è vecchio”… Appunto, ha già fatto un sacco di danno.
Certamente tutto è raccontato nei faldoni del processo in corso o nel decreto della confisca e altri provvedimenti a suo carico, ma in essi non è contemplato il fatto che con il suo quotidiano “La Sicilia” ha fatto il bello e il cattivo tempo a Catania e dintorni. Fatti non penali e non perseguibili. Per esempio, se dovesse prendere piede o no una operazione culturale, economica, sociale, o politica.
“La Sicilia” e il suo direttore-editore sono stati snodo fondamentale per intrecci politici, economici, sociali.
Il quotidiano catanese, l’unico, il solo, ha condizionato l’intera società civile. Ogni impeto. Ogni tentativo di ribellione. Ogni tentativo di canalizzare la rabbia della gente.
Rifiutarsi per decenni e decenni di utilizzare la parola mafia sia nei necrologi che in qualsiasi articolo (inerente operazioni giudiziarie) pubblicato sul quotidiano, non è stato fatto di poco conto, un qualcosa che possa declinarsi come l’azione di un privato che può fare ciò che vuole della e nella sua proprietà. Daimprenditore disinibito e spregiudicato ha fatto affari con l’informazione e ha trasformato l’informazione in un affare.
Ma non è stato solo un problema di informazione locale, e l’aver pensato anche per un solo attimo che ci si trovasse difronte a un semplice monopolista dell’informazione è stato riduttivo. Ha fatto perdere tempo.
Ciancio è l’anima nera di Catania e provincia. Lo si poteva capire benissimo già tanto tempo addietro, ma i pochi che lo hanno fatto sono stati isolati. Si poteva vedere, anche i ciechi avrebbero potuto vederlo, ma nessuno ha voluto vedere. Chi avrebbe dovuto urlare ha taciuto. Il sistema si è incancrenito.
Oggi spiegare “’o sistema Catania” come intreccio tra politica, imprenditoria, informazione e affari non è semplice. Nemmeno breve, perché bisognerebbe sempre partire da lontano, da quando la percezione dell’ambiente affaristico-mafioso era una percezione terribilmente chiara. Non c’era il rischio di sbagliare mira perché le posizioni erano definite… Per farsi un’idea tuttavia basterebbero poche foto d’epoca, due, tre foto storiche a dimostrazione di come imprenditori, mafiosi, politici, faccendieri, magistrati e giornalisti abbiano fatto sempre comunella, senza alcun imbarazzo: alle feste, all’inaugurazione di locali o semplicemente al ristorante. Appunto un sistema. All’interno del quale – grazie al suo ruolo con l’informazione – il cavaliere si è specializzato negli affari. Particolarmente nell’acquistare immobili nelle zone dove è previsto il risanamento. Terreni agricoli che possono essere trasformati in terreni edificabili e costruirvi un centro commerciale. Vecchi agrumeti secchi che come per magia si trasformano in alberghi, piscine, campetti da golf e cinema grazie al Piano urbanistico attuativo Catania Sud.
Un suo modo di amare Catania, cioè fregarla. Imbrogliarla. Scipparla. Per realizzare tutto ciò ha abusato di potere. Fatto accordi di ogni tipo chiari e opachi. Col potere ufficiale ma anche con figuri quantomeno criticabili più o meno loschi e potenti. Non ha preferito un colore politico.
Leggende? Forse ci sono anche quelle ma ci sono fior di intercettazioni che raccontano.
“Togliere oggi non basta: occorre restituire ai siciliani il diritto a un’informazione libera, autonoma, coraggiosa. Lo pretende anche il rispetto dovuto agli otto colleghi uccisi dalla mafia e dai suoi innominabili protettori per aver difeso quel diritto contro ogni conformismo”, ha dichiarato Claudio Fava. Condividiamo fermamente.
Sicuramente la storia degli ultimi cinquant’anni di Catania è raccontata nei numerosi faldoni depositati per il processo in atto al tribunale di Catania a carico del cavaliere Mario Ciancio Sanfilippo, in attesa dello svolgimento manifestiamo tutta la nostra gratitudine agli organi inquirenti… ci piace pensare che c’è sempre un giudice Berlino.